consigli di lettura, filosofia pubblica, metafilosofia

What Public Philosophy is, and why we need it more than ever

“Che cos’è la filosofia pubblica e perchè ne abbiamo bisogno più che mai”

E’ uscito questo mio contributo per Psyche. E’ un pezzo al quale tengo molto.

Qui racconto un pò di quello che faccio con “Filosoficamentelab” e del perchè lo faccio. Un manifesto della filosofia pubblica, delle sue potenzialità e delle sfide che essa pone.

https://psyche.co/ideas/what-public-philosophy-is-and-why-we-need-it-more-than-ever

filosofia pubblica

Webinar di filosofia pubblica by The Philosopher

Segnaliamo qui un’interessantissima serie di eventi filosofici online a cura di The Philosopher, la più antica rivista inglese di filosofia pubblica, pubblicata sin dal 1923.

Gli eventi, su alcune delle questioni più pressanti del nostro tempo, saranno tutti gratuiti e liberamente accessibili online via zoom al link indicato.

Buona partecipazione!

https://www.thephilosopher1923.org/events

Esercizi filosofici, filosofia pubblica

Il paradosso della nave di Teseo

Esercizio filosofico – per piccole, grandi menti di ogni età

Una possibile sollecitazione per riflettere sul divenire o il mutamento e il suo rapporto con l’identità di una cosa, o di una persona, è offerto dal paradosso della nave di Teseo.

“Si narra che la nave in legno sulla quale viaggiò il mitico eroe greco Teseo fosse conservata intatta nel corso degli anni, sostituendone le parti che via via si deterioravano. Giunge quindi un momento in cui tutte le parti usate in origine per costruirla erano state sostituite, benché la nave stessa abbia conservato esattamente la sua forma originaria”.

Ci si può chiedere, allora:

  • La nave è rimasta la nave di Teseo, oppure no?
  • Se non è più la stessa, quando si è modificata?

La stessa domanda ce la possiamo porre rispetto all’essere umano. L’uomo nasce bambino e per tutta la sua vita non fa che cambiare, nel corpo (le cellule muoiono e vengono sostituite continuamente), nell’aspetto e probabilmente anche in tratti della sua personalità.

  • L’individuo da bambino e da adulto sono la stessa persona?
  • Cosa fa sì che si pensi che la persona, pur mutando nell’aspetto, rimanga la stessa?

Qui un breve video animato che ripropone questi interrogativi proprio a partire dalla nave di Teseo:

Evento, filosofia pubblica

Filòs: gruppo di lettura filosofico

Ci vediamo martedì 9 novembre, ore 20.30 per discutere insieme “Lezioni di felicità. Esercizi filosofici per il buon uso della vita”, di Ilaria Gaspari.

Non sono necessarie conoscenze filosofiche pregresse.

Appuntamento a Palazzo Pinoni, via Brescia 92, Cremona.

Possibile partecipazione anche online.

Evento, filosofia pubblica

Fake news e Post-verità

Sono aperte le iscrizioni al laboratorio filosofico su Fake news e Post-verità.

Non sono necessarie conoscenze filosofiche pregresse: sarà un momento di discussione guidata a partire dall’esame di alcune questioni del nostro tempo.

Ascolta qui una breve presentazione del corso:

Fil(m)osofia, filosofia pubblica

Squid Game: l’etica in gioco

Serie televisiva sudcoreana, scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk. Uscita il 17 settembre 2021 su Netflix, la serie è subito diventata un successo globale, probilmente la serie ad oggi più vista al mondo.

Squid game letteralmente significa “il gioco del calamaro”, un gioco per bambini popolare in Corea, che nella serie diviene un gioco per la sopravvivenza: 456 giocatori, accettano di giocare le loro vite per denaro. Portati su un’isola a loro ignota e vestiti di verde, saranno sorvegliati per tutto il tempo da guardie mascherate e armate (vestite di rosso) e dal loro capo, il frontman, un’inquietante figura mascherata di nero. I giocatori non avranno alcun accesso al mondo esterno o via di fuga. Potranno abbandonare il gioco solo se la maggioranza di loro è d’accordo nel farlo; in quel caso, tuttavia, non sarà dato loro alcun premio in denaro.

Tre sono le semplici regole che definiscono i giochi:

  1. Il giocatore non può lasciare il gioco
  2. Se rifiuta di giocare il giocatore è eliminato
  3. I giochi possono finire se la maggioranza è d’accordo.

Le sei sfide che dovranno affrontare richiamano tutte giochi popolari per bambini – da un due tre stella, al tiro alla fune, al gioco alle biglie – ma in versione macabra: chi perde viene brutalmente eliminato. Solo chi arriverà al termine delle sei gare da vincitore potrà andarsene con il ricchissimo bottino: un montepremi di 45,6 miliardi di won (circa 33 milioni di euro).

Squid Game ci propone, tra le altre cose, un laboratorio di etica, lo fa rappresentando con un linguaggio truce, a tratti estremo, dilemmi tragici della scelta morale, che tutti noi – si auspica in forme molto diverse – ci troviamo prima o poi ad affrontare nel nostro agire.

Tra le moltissime questioni etiche che solleva, emerge sin dall’inizio quella della libertà.

È un tema che ritorna spesso in Squid Game e che gioca un ruolo chiave nel giudizio che noi spettatori ci formiamo dei vari protagonisti della storia. La serie insiste molto nel farci notare che tutti i giocatori accettano liberamente di unirsi al gioco: addirittura torneranno a giocare anche quando hanno pienamente capito che la posta in gioco è la loro stessa vita. Sul finale, la mente ideatrice dei giochi, userà proprio questo argomento per difendere il proprio operato:

Non ho mai costretto nessuno a giocare a quel gioco. Sei persino tornato di tua spontanea volontà (ep. 9: Un giorno fortunato)

Sembrerebbe un argomento solido e incontrovertibile: i giocatori, tutti adulti, hanno scelto di aderire, dando per iscritto il loro consenso ai giochi. Significa pertanto che solo loro i veri responsabili di quanto accaduto e non l’artefice dei giochi?

Per rispondere a questa domanda dovremmo però porcene prima un’altra: sono queste persone veramente libere di scegliere?

I partecipanti al gioco, pur avendo storie e vite molto diverse fra loro, hanno tutti una cosa in comune: sono persone fortemente indebitate e, per questa ragione, vivono ai margini della società o sono sul punto di cadervi. Il gioco offre loro quella che pare essere l’ultima occasione di rifarsi una vita, di rimediare al passato e costruire un futuro migliore, per loro stessi o per i loro cari. Non tutti sono finiti in questa situazione per loro colpa, molti sono vittime di altri o della sventura, tutti, però, hanno perso le speranze di potercela fare da soli, con le proprie forze.

Quando sono tornato qui, ho capito che quello che dicevano era vero. La vita qui è un inferno persino peggiore (ep. 2: L’inferno)

Fino a che punto riteniamo una persona che si sente schiacciata dagli eventi, senza via di uscita (indipendentemente dal fatto che lo sia veramente), libera di scegliere come agire? È davvero ‘libero’ di scegliere l’alcolista in astinenza al quale venga offerto un alcolico o chi soffre di ludopatia di fronte ad una slot machine? E quanto è corresponsabile chi, sapendo della debolezza di chi ha di fronte, la sfrutta a proprio vantaggio?

Il problema etico che si pone è quello dell’autonomia morale dell’agente razionale. Entro quali condizioni è l’agente libero di scegliere? Possiamo ritenere disperazione, istinto di sopravvivenza e necessità di proteggere chi amiamo attenuanti alla nostra responsabilità morale? O nessuna situazione, per quanto eccezionale o drammatica, può giustificare comportamenti che riteniamo ‘immorali’?

Vi è un celebre caso storico, The Mignonette Case, che enuncia emblematicamente questo dilemma morale:

Qui per un approfondimento filosofico del caso: Justice Harvard.

La questione assume inevitabilmente anche un risvolto politico e sociale: se riteniamo, infatti, che fame e disperazione possano indurre le persone a compiere azioni illecite, al punto da ritenerle possibili attenuanti del loro agire, possiamo mostrarci indifferenti a povertà e disuguaglianze sociali? Combatterle e tentare di ridurle non diventa un dovere di tutti, anche di chi, per meriti o fortuna, si trova dall’altro lato della scala sociale?

Il tema dell’autonomia morale e della libertà di scelta cresce di complessità nel proseguo della serie. Via via che si avanza nel gioco, i giocatori verranno sempre più coinvolti nel determinare la morte dei propri compagni di gioco, diventando così sempre più corresponsabili degli omicidi.

[spoiler alert da qui in avanti]

Le prime sfide non implicano per il singolo una partecipazione morale alla morte dei compagni: nei primi due giochi, ‘un due tre stella’ e il gioco del biscotto, ognuno gioca per sé, non vince a discapito di altri. La situazione cambia drasticamente con la terza sfida, il tiro alla fune. Da lì in poi il dilemma morale dei giocatori si fa tragico: la vittoria, e sopravvivenza al gioco, è ottenuta attraverso l’eliminazione della squadra avversaria, il singolo giocatore è personalmente e attivamente coinvolto nell’azione criminale, ne diventa palesemente co-responsabile.

Ed è a questo punto che le coscienze dei vari protagonisti si dividono: tra chi accetta questa corresponsabilità e decide di farsene padrone, giocando in attacco e muovendo guerra agli altri giocatori, e chi la rifugge, sperando (e forse illudendosi) di non rendersi complice del gioco. Un’illusione che si assottiglia sempre più, lasciando intravedere tutta la tragicità della situazione.

Ne è un esempio il conflitto che viene ad un certo punto a crearsi tra due dei protagonisti della serie. A dividere e contrapporre Seong Gi-hun, il giocatore numero 456, dal suo vecchio amico di infanzia, Cho Sang-woo il numero 218, è l’agire di quest’ultimo che non esita a sacrificare i propri compagni di gioco, con la forza o con l’inganno, per guadagnare la vittoria ai giochi. Cho Sang-woo non sembra far altro che accettare fin in fondo le conseguenze della scelta iniziale di partecipare al gioco: vinco se altri perdono.

Vale anche in questo caso la considerazione iniziale circa le attenuanti alla responsabilità dei singoli? In fin dei conti, si potrebbe dire, i giocatori sono costretti ad agire in quel modo, pena la perdita della loro stessa vita. Questo l’argomento che il razionale Cho Sang-woo fa valere di fronte alle recriminazioni dell’amico di infanzia, che invece non accetta – pur non senza dubbi e sensi di colpa per la propria ipocrisia – di contribuire attivamente alla morte dei compagni al di fuori delle partite giocate.

C’è un’alternativa possibile al “mors tua vita mea”?  

Socrate ci ha mostrato di sì: meglio subire il male che agirlo, anche se a discapito della propria vita. Il Socrate che accetta da innocente la condanna a morte rifuggendo la fuga ci insegna che l’integrità morale di una persona, la sua dignità di essere razionale e morale vale di più della propria vita.

Essere dei nuovi Socrate è difficile, e il protagonista lo sa bene, ha scelto anche lui di salvarsi mentendo al proprio rivale. Lo ha fatto con un anziano solo, già condannato a morte imminente da un tumore; è tuttavia questa un’azione meno grave di quella dell’amico che ha ingannato un giovane padre di famiglia?

La serie ci offre molti esempi di come l’essere umano possa reagire di fronte a scelte moralmente difficili: ciascuno dei diversi personaggi è moralmente ben caratterizzato, non semplicisticamente, in bianco e nero, ma in tutta la complessità e nelle molteplici sfumature che la coscienza morale può assumere e mutare via via che si modificano le situazioni esterne e il contesto che ci provoca.

filosofia pubblica, metafilosofia

Vi è un “diritto alla filosofia”?

Come è noto la filosofia in Italia viene insegnata solo all’ultimo triennio dei licei, non è presente nelle altre scuole superiori di primo e secondo grado e manca del tutto nella scuola Primaria. Le ragioni di ciò affondano in una precisa concezione di scuola e di società, che risale agli inizi del ‘900 a Gentile, e oggi può e deve essere messa in discussione.

Gli appelli a portare la filosofia anche al di fuori dei licei si ripetono da anni, se a livello centrale di politica scolastica sono per lo più rimasti inascoltati, non è così nella pratica. Numerosissime e di grande efficacia formativa didattica sono le iniziative che hanno introdotto la filosofia negli istituti tecnici – cito il lavoro di Enrico Liverani ad esempio[1] – o ai bambini della scuola dell’Infanzia e Primaria – si guardi al mondo in continua evoluzione della Philosophy for Children.

A muovere queste proposte vi è l’idea che la pratica della filosofia – fatta in un certo modo, che andrebbe naturalmente esplicitato e definito – sia formativa di tutta una serie di abilità e competenze trasversali imprescindibili per lo studente di qualsiasi disciplina e per il cittadino di domani. Il fare filosofia implica, tra le altre cose, la capacità di problematizzazione e critica del dato, di analisi di una questione complessa, di fare inferenze logiche corrette, la pratica di una buona argomentazione, l’ascolto attivo dell’altro, la consapevolezza di sé e dei propri limiti o condizionamenti e il sapere riconoscere quelli altrui. Tutte competenze dall’indubbio valore cognitivo, ma anche etico-politico[2].

Interessante sarebbe allora sviluppare l’idea di un “diritto alla filosofia” degli adulti come dei bambini.

Se guardiamo, ad esempio, alla Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia (1989) troviamo negli articoli 12, 13 e 14 il richiamo ai seguenti diritti:

  • “il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa” (Art. 12),
  • “il diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, di ricevere e di divulgare informazioni e idee di ogni specie, indipendentemente dalle frontiere, sotto forma orale, scritta, stampata o artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo” (art. 13)
  • “il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione” (Art. 14).

Eppure non basta una libertà negativa, cioè l’assenza di impedimenti esterni, per poter garantire questi diritti ai bambini, serve una libertà positiva: serve dotare i bambini degli strumenti necessari per esercitare questi diritti.

Ecco, allora, che la filosofia, intesa come pratica volta a formare ed esercitare le competenze necessarie ad un pensiero autonomo e consistente e un’argomentazione efficacie, diviene a tutti gli effetti un diritto esigibile.

#dirittoallafilosofia #didattica #formazione #publicphilosophy #metafilosofia


[1] https://www.corriere.it/scuola/secondaria/21_maggio_26/insegnare-filosofia-istituti-tecnici-professionali-si-puo-ecco-come-7509bf1e-be0c-11eb-a5e7-170774e96424.shtml

[2] Si aprirebbe qui la questione di quale didattica della filosofia per quale tipo di formazione, discorso che non possiamo affrontare nel breve spazio di questo post e che rinviamo ad altri interventi. La letteratura sulla didattica della filosofia e sui suoi esiti formativi è vastissima. Come primo possibile riferimento si veda “Comunicazione filosofica” rivista di didattica della filosofia a cura della SFI, Società Filosofica Italiana.

didattica della filosofia, filosofia pubblica

Debate: quando l’argomentazione non funziona

Terzo incontro di formazione docenti del corso “Introduzione al Debate”.

In questa occasione ci siamo occupati di quando le cose non vanno come dovrebbero: quando, ossia, l’argomentazione non funziona.

«Per essere completa, la filosofia del ragionamento deve comprendere tanto la teoria del cattivo ragionamento quanto la teoria del ragionamento buono

(J.S. Mill, Sistema di logica, 1843)

Le fallacie logiche

«La logica è reale, e spesso governa le nostre relazioni umane. Molte calunnie e molti stereotipi funzionano proprio in questo modo, attraverso inferenze fallaci. La capacità di smascherare le fallacie è una delle cose che rende degna la vita democratica»

(M. Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, 2010, p. 75)

Abbiamo esaminato alcune fra le principali incoerenze argomentative, le fallacie logiche, riflettendo sul fatto che – per quanto non validi logicamente – le fallacie possano essere comunque argomenti persuasivi, soprattutto se chi li ascolta non è in grado di valutarne la solidità.

Bias e pregiudizi: elementi di psicologia della (dis)informazione

Non basta, tuttavia, saper evitare e riconoscere le fallacie logiche nei propri ragionamenti e in quelli altrui. Anche l’argomentazione coerente e logicamente fondata può a volte comunque non essere sufficiente a generare un dialogo costruttivo tra individui o a provocare una revisione critica delle proprie opinioni. Questo capita molto più spesso di quanto forse non saremmo disposti ad ammettere ed a causa di alcune distorsioni del nostro giudizio, i bias cognitivi.

Abbiamo esaminato cosa sono i bias cognitivi e come agiscono, condizionandola in modo irriflesso, la nostra capacità di giudizio.

Neutralizzare i propri bias è possibile?

Si è quindi concluso l’incontro con una riflessione sulla possibilità di neutralizzare bias e mancanze nel nostro giudizio. Forse evitarli non è sempre possibile, ma imparare a conoscerli e a riconoscerli (in noi stessi e negli altri) ci aiuta quantomeno a prendere consapevolezza dei limiti della nostra ragione [ne abbiamo discusso qui].

Un esercizio di modestia cognitiva che ci mette in guardia dalle facili risposte e dalle convinzioni indiscusse: presupposto necessario per ogni bravo debater!

Evento, filosofia pubblica

Post-verità e Fake news: laboratorio filosofico online

Si inizia venerdì 9 aprile, per cinque serate ragionemeremo insieme sul concetto di verità e i suoi nemici.

Non sono richieste conoscenze filosofiche pregresse!

Per info scrivi a info.filosoficamente@gmail.com o vai sul sito Auser Cremona: http://www.auserunipopcremona.it/corsi/fake-news-e-post-verita-la-sfida-odierna-alla-nozione-di-verita/

consigli di lettura, didattica della filosofia, filosofia pubblica

Filosofia per immagini: La meravigliosa vita dei filosofi di Masato Tanaka

UN LIBRO ORIGINALE E VISIONARIO PER RISCOPRIRE LA FILOSOFIA
2600 ANNI DI STORIA DEL PENSIERO SPIEGATI PER IMMAGINI

Oltre 200 concetti cardine della storia del pensiero occidentale tradotti in immagini vivide, concrete e innovative, capaci di trasformare processi mentali di grande complessità e astrazione in un racconto straordinario alla portata di tutti.

Vallardi Editore, 2018

https://www.vallardi.it/catalogo/scheda/la-meravigliosa-vita-dei-filosofi-libro.html

Masato Tanaka è un artista e scrittore nato in Giappone nel 1970. Con questo lavoro ha rappresentato concetti e teorie della storia del pensiero in visioni e immagini che potessero parlare a tutti.

Un libro per scoprire e riscoprire la storia della filosofia in un linguaggio diverso, più accessibile, ma non banalizzante. Settanta filosofi, da Talete a Negri, spiegati in modo semplice, in quella che si presenta come un’importante opera divulgativa del pensiero filosofico, utile anche a finalità didattiche.